mercoledì 12 novembre 2014

Il Grifone fragile di Tonino Cagnucci



Scrivere un libro su un tifoso non è usuale (almeno io non ne ricordo altri). Scrivere un libro su un tifoso “dentro”, non su qualcuno che del tifo ha fatto dimostrazione pubblica d’identità, è inusuale e difficile. Si può scadere troppo facilmente nell’immaginato.
Cagnucci invece, da verace giornalista, ne “Il Grifone fragile” trova la chiave di volta, gli appunti privati di Fabrizio De André, dove quel tifo non (o poco) detto diventa evidenza nero su bianco, dalla quale costruire il tema.
Leggendo quell’agenda del Credito Lombardo, Cagnucci si è trovato di fronte a pagine molto diverse:su alcune un ragazzino di quinta elementare segnava con accuratezza pre-onanistica squadre e medie inglesi del campionato del Genoa, in altre ha trovato vette di genio e poesia dalla grandezza irraggiungibile (c’è un intellettuale oggi che puó scrivere/comprendere/ farci comprendere “La domenica delle salme”?)
Cagnucci da qui ha dedotto la prima verità del libro, Geno(v)a è casa, gli amici di casa Repetto, una città divorata e poi raccontata per vissuto e non per sentito dire. Questo mondo non vedrà mai il poeta che canta, ma a viverci dentro sarà per sempre il ragazzino che sogna. Si lavora a Milano e si sogna a Genova, con il Genoa che fa da desiderio mai infranto.
Seconda verità: questo è un libro su un tifoso vero, dalla passione assoluta. De André è un tifoso vero del Genoa, non perché si identifica nelle prassi domenicali dello stadio o di 90° minuto (e di Sky a tutti i costi anche se c’è di meglio da fare), ma perché ha in testa quel rumore di fondo che non ti lascia mai in pace,un tarlo ripetitivo e cercato: “Cosa ha fatto il Genoa?”
Terza verità del libro: il genio è sempre popolare. Per quanto nasce in una famiglia della medio-alta borghesia, è nelle passioni popolari che deve immergersi per conoscere i rimbalzi dell’esistenza. Senza questa scuola terribile potrai arrivare in alto, lì dove tutti guardano e ammirano, ma non raggiungerai mai vette inattese.
Una postilla almeno sullo stile: denso da tenerti contro il libro, vallonato come una tappa tra Emilia e Toscana, quando non stai mai fermo, non ti rilassi mai. Dentro ci sono studio, letture e grande amore per il tema. Quando ami davvero le parole non riesci a tenerle a bada tanto facilmente e va a finire che si infilano senza permesso nei periodi piani che vorresti portare a termine. Quando questo succede è sempre un bene, è la meraviglia della passione che zittisce il cervello.
Iniziate a parlare o a scrivere di qualcosa che vi piace davvero tanto e capirete quanto è bello.

http://letteraturasportiva.primosu.it/2013/06/il-grifone-fragile-di-tonino-cagnucci.html

lunedì 3 novembre 2014

A Pa'


2 novembre 1975 - 2 novembre 2014
Un fiore. Un poeta. Un filosofo. Uno scrittore. Un difensore estremo dell'umanità. Eretico, tenero e corsaro. Un fiore. Grazie per sempre

mercoledì 15 ottobre 2014

Gigi Meroni, 15 ottobre

Da "Il Grifone fragile":
"...Gli anni Cinquanta sono stati il 1954 quando Fabrizio De André si rifiuta di iscriversi al liceo che si chiama Doria, s’innamora di Anna la puttana pelosa, si mette il montgomery bianco e la sciarpa rossoblù al tempio, mentre una volta lo beccano a far l’amore in chiesa. Nel 1959 conosce il poeta Mannarini. È il Genoa dell’adolescenza di Fabrizio, anima in pena in terra e mare, che impara a lottare per la salvezza. Anima salva per questo. Siamo vicini al boom dei Sessanta: la Ballata del Michè. Nel 1962 Fabrizio De André si sposa con Enrica Rignon, la sua Puny, troppo presto per non lasciarsi un giorno, e diventa padre a dicembre di quell’anno. Nel 1962 Fabrizio De André marito e padre diventa consapevole di una cosa: il calcio è arte. Lo scrive. A Genova arriva Gigi Meroni:
"Meroni fu un artista nella vita e in campo"
(Dai diari di Fabrizio De André)
Che questo sia stato l’amore calcistico della sua vita me lo ha detto il suo amore più grande, Dori Ghezzi: «Era innamorato di Meroni, di Meroni, Fabrizio ne parlava sempre». È bello che a dirlo sia la donna con la quale poi De André sceglierà di risposarsi. Perché quella di Meroni, De André, Puny e Dori, è anche una storia di matrimoni: Meroni è stato un poeta in campo, coi suoi dribbling sghembi, con le sue corse con le ali troppo grandi per non inciampare negli ostacoli di chi striscia, col suo andare girovago secondo fantasia e non secondo la bussola, dentro, sopra, sotto e fuori dal campo. Gigi Meroni aveva sconvolto la morale pubblica non tanto perché andava in giro con la gallina al guinzaglio, per l’abbigliamento e il look eccentrico, perché dipingeva, perché nessun difensore della pubblica ottusità riusciva a fermarlo, piuttosto per essere andato a convivere con una donna sposata con un regista romano ma separata di fatto. Quello era stato il suo più grande dribbling e il suo più grande tunnel a uomini e a donne di buona volontà di questo mondo. Gigi Meroni è stato l’amico fragile calcistico di Fabrizio De André e di chiunque sia innamorato del mare, di un gabbiano e di una vecchia storia... Di chi un giorno s’è detto di non volersi mai abituare all’abitudine, di chi per abitudine ha deciso di essere sconveniente, cioè di mantenere viva sempre la scintilla contro la convenienza, l’opportunità, il conformismo. Di chi alle geometrie preferisce il caos stellare che c’è dentro un dribbling. Gigi Meroni la bocca da gol del Zena (secondo Faber il più grande centravanti rossoblù – pur non essendolo! – fino ai tempi di Aguilera) è stata la prima – e forse unica – Bocca di Rosa del calcio italiano che era, ed è ancora un enorme gigantesco ipocrita paesino di Sant’Ilario.
«Io faccio così non per esibizionismo, ma perché sono così, perché anelo alla libertà assoluta e questi capelli, questa barba sono dei segni di libertà. Può darsi che un giorno cambierò, quando la mia libertà sarà un’altra». (Gigi Meroni)
Libertà! Libertà! Libertà! De André ha sempre visto in Gigi Meroni un corrispettivo anarchico in quella Via del Campo di Marassi, sulla cattiva strada che va dagli spogliatoi alla vita. Qualcosa di profondamente fresco che arrivava proprio nel momento in cui Faber invece si sposava e si sposava una contessa, per diventare padre otto mesi dopo, ripercorrendo, più che in parte, il copione familiare del padre Giuseppe, sposatosi a 23 anni. Tutta la storia è una storia di padri e di figli. Gigi Meroni era qualcosa di straordinario che veniva da Como, cioè era un Promesso Sposo, una promessa del calcio italiano che aveva trovato in Genova la sua città ideale, per i carruggi, per gli odori, per i profili da numero 7 (tutta Genova è un numero 7 tra le montagne e le onde), per il mare. Quando venne venduto, i tifosi del Genoa misero a ferro e fuoco la sede, De André ci rimase malissimo (tanto da scrivere di questa cosa ancora agli inizi degli anni Novanta sul suo diarietto!), i portuali fecero le barricate per strada: il ’68 a Genova è stato il butterfly effect del volo della farfalla granata. Così, poi, non diventa un caso che Gigi Meroni lascerà il Genoa proprio per andare al Torino, lì dove tutto ebbe inizio nel cuore di Faber. Torino che significa Toro, un’altra grande storia di poesia, di tremendismo, di Superga, di leggenda, di verità, ma che significa anche il suo contrario: Agnelli, «La Stampa», la Fiat. Quando Gigi Meroni morirà, «La Stampa» farà una campagna contro i suoi funerali in chiesa mentre dal carcere delle Nuove di Torino i detenuti raccoglieranno soldi per mandare fiori sulla sua bara. È così evidente in questo episodio il doppio calcio d’inizio del Grifone fragile, così chiaro dove vadano le orme di Faber. Gigi Meroni è una canzone di De André, un personaggio della sua vita e della sua fantasia, un uomo colorato per cui ha tifato, qualcosa di più per essere dimenticato, un’ultima strofa, un epitaffio da mettere sulla sua personalissima Via del Campo di Marassi: un diamante che germoglia profumo e che se ne va a morire per sempre con la squadra del papà. Un viaggio Genoa- Torino di sola andata destinazione Paradiso. È lì – a Villa Paradiso – in quegli anni che Fabrizio De André va a vivere con la moglie e con un bambino ancora troppo piccolo per lui...


"Era un artista"


martedì 16 settembre 2014









domenica 27 luglio 2014

Amico fragile

Evaporato in una nuvola rossa 
in una delle molte feritoie della notte 
con un bisogno d'attenzione e d'amore 
troppo, "Se mi vuoi bene piangi " 
per essere corrisposti, 
valeva la pena divertirvi le serate estive 
con un semplicissimo "Mi ricordo": 
per osservarvi affittare un chilo d'era 
ai contadini in pensione e alle loro donne 
e regalare a piene mani oceani 
ed altre ed altre onde ai marinai in servizio,
fino a scoprire ad uno ad uno i vostri nascondigli
senza rimpiangere la mia credulità:
perché già dalla prima trincea
ero più curioso di voi,
ero molto più curioso di voi.

E poi sorpreso dai vostri "Come sta"
meravigliato da luoghi meno comuni e più feroci,
tipo "Come ti senti amico, amico fragile,
se vuoi potrò occuparmi un'ora al mese di te"
"Lo sa che io ho perduto due figli"
"Signora lei è una donna piuttosto distratta."
E ancora ucciso dalla vostra cortesia
nell'ora in cui un mio sogno
ballerina di seconda fila,
agitava per chissà quale avvenire
il suo presente di seni enormi
e il suo cesareo fresco,
pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra.

E poi seduto in mezzo ai vostri arrivederci,
mi sentivo meno stanco di voi
ero molto meno stanco di voi.

Potevo stuzzicare i pantaloni della sconosciuta
fino a farle spalancarsi la bocca.
Potevo chiedere ad uno qualunque dei miei figli
di parlare ancora male e ad alta voce di me.
Potevo barattare la mia chitarra e il suo elmo
con una scatola di legno che dicesse perderemo.
Potevo chiedere come si chiama il vostro cane
Il mio è un po' di tempo che si chiama Libero.
Potevo assumere un cannibale al giorno
per farmi insegnare la mia distanza dalle stelle.
Potevo attraversare litri e litri di corallo
per raggiungere un posto che si chiamasse arrivederci.

E mai che mi sia venuto in mente,
di essere più ubriaco di voi
di essere molto più ubriaco di voi.




sabato 19 luglio 2014

giovedì 17 luglio 2014

Abbadie

Addio a Julio Cesar Abbadie, il primo mito di Fabrizio De André


"...E la domenica allo stadio. Quando il Genoa giocava in trasferta, nei cinema a vedere film d’avventura.

"Verso i dodici anni ero una tremenda testa di cazzo, un ribelle davvero".

Prende a sassate un pedofilo, riesce a dire di no a un prete che prova a toccarlo, viene bocciato in seconda media, prende a fucilate col fucile a pallini avuto per una promozione il presidente della Federcaccia, litiga col fratello (quello sempre, ogni letterina bambina che sta a Siena si chiude con la promessa di non litigare più con Mauro), a 14 anni conosce il poeta Remo Borzini, a 16 il padre gli porta il primo 78 giri di Brassens e contemporaneamente scopre un altro cantore per far felici le povere folle: Julio Cesar Abbadie:

"In quel periodo il Genoa acquistò un genio del football nella persona di Giulio Cesar Abbadie, un uruguagio magnetico e tenebroso capace di portare la palla in porta partendo da metà campo in un dribbling stretto e sbilanciato con la palla sempre incollata ai piedi e a una velocità progressiva che aveva del miracoloso. Purtroppo anche lui dopo un paio di stagioni se ne tornò in Uruguay, denunciando delle strane forme di pleurite, ma i soliti informati giurano che furono vicende sentimental-familiari ad obbligarli al rimpatrio".
Dai diari di Fabrizio De André

Abbadie è stato il primo vero compiuto innamoramento calcistico di Fabrizio De André dopo quello naturale di Verdeal. Di Abbadie Fabrizio ne parlerà sempre. Prima di tornarsene in Uruguay, dove batterà il Real Madrid vincendo la Coppa Intercontinentale, Julio Cesar Abbadie andrà a Lecco. Ricordatevelo anche questo: Abbadie lascerà il Genoa per il Lecco. Nel 1960. Gli anni Cinquanta sono stati anni di serie A. È stato il decennio, dopo la guerra, in cui il Genoa è stato più stagioni in serie A, sette campionati ininterrottamente fra il 1953-54 e il 1959-60. Gli anni Cinquanta sono stati il 1954 quando Fabrizio De André si rifiuta di iscriversi al liceo che si chiama Doria, s’innamora di Anna la puttana pelosa, si mette il montgomery bianco e la sciarpa rossoblù al tempio, mentre una volta lo beccano a far l’amore in chiesa. Nel 1959 conosce il poeta Mannarini. È il Genoa dell’adolescenza di Fabrizio, anima in pena in terra e mare, che impara a lottare per la salvezza. Anima salva per questo. Siamo vicini al boom dei Sessanta: la Ballata del Michè. Nel 1962 Fabrizio De André si sposa con Enrica Rignon, la sua Puny, troppo presto per non lasciarsi un giorno, e diventa padre a dicembre di quell’anno. Nel 1962 Fabrizio De André marito e padre diventa consapevole di una cosa: il calcio è arte. Lo scrive. A Genova arriva Gigi Meroni... E questa è un'altra storia. Un altro amore."

(Dal "Grifone fragile")


Addio a Julio Cesar Abbadie, il primo mito di Fabrizio De André




domenica 13 luglio 2014

Il Grifone fragile a Marassi

Il Grifone fragile - Fabrizio De Andrè: storia di un tifoso del Genoa


Esce nelle librerie un toccante volume che racconta il grande amore del cantautore genovese per il club rossoblù. Con documenti inediti e interventi di molti personaggi vicini al cantautore genovese



Gli amori troppo forti ti fanno sentire fragile. Forse per questo ne hai bisogno. Gli amori non sempre durano, ma ce n'è uno che non ti abbandona mai. Quello per la tua squadra del cuore. Quello che aveva Fabrizio De André per il Genoa e che Tonino Cagnucci racconta ne Il Grifone fragile – Fabrizio De André, storia di un tifoso del Genoa (Limina, 171 pagg. euro 16,90) da pochi giorni nelle librerie. Una biografia? Non proprio. Intanto perché l'autore non potrebbe essere più lontano da qualsiasi forma di categorizzazione sia per formazione (laureato in Estetica, caporedattore del Romanista fin dai suoi inizi) sia per un modo di raccontare che apre lo spazio per l'incontro di tante voci. Poi perché le vite raccontate sono almeno due. Quella di Faber e quella del Genoa, che diventano la stessa cosa, come nel ritratto del cantautore genovese (“quindi genoano, perché Genova è il Genoa”) sulla bandiera che sventola in gradinata Nord. Come se fosse il Genoa a fare il tifo per De André.

TROPPO COINVOLTO — L'amore di Fabrizio De André per il Genoa era noto, ma questo libro ne svela la vera essenza, che Faber ha sempre tenuto il più possibile nel suo privato. Non ha mai dedicato una canzone al Genoa perché "troppo coinvolto", non avrebbe avuto il necessario distacco. E non l'ha mai amata come quando l'ha lasciata, momento raccontato nel capitolo centrale (il settimo di quindici), più romantico e struggente del libro, quando "Giugno '73" (tra le più belle canzoni di De André) diventa soprattutto il mese e l'anno del ritorno in Genoa in A, nelle stagioni in cui Faber si sta preparando a lasciare Genova, dopo aver chiuso anche il primo matrimonio. E allora sì, Giugno '73: “E' stato meglio lasciarsi che non essersi mai incontrati”. Sono andati sempre insieme, De André e il Genoa. E tutto si rivela in questa biografia doppia, ma non duplicata, specchio di metafore dove tutto si rivela grazie al grande lavoro di ricerca dell'autore e la rivelazione, più che la ricerca, di rispondenze. Corrispondenze, direbbe Baudelaire. L'inizio è fin troppo chiaro. C'è De André che nasce nell'ultima settimana in cui il Genoa è primo in classifica nella sua storia, a quel punto del campionato.


GROVIGLIO DI EMOZIONI — E ci sono soprattutto le agende di cui Cagnucci riesce a pubblicare – ed è la prima volta in assoluto – quelle pagine che appuntano formazioni del Genoa, tabelle salvezze, sogni di mercato, impropreri contro la Juventus e il Milan, il racconto di quando è diventato tifoso, i diffidati della squadra che il Genoa avrebbe incontrato. C'è persino una letterina a Gesù Bambino di "Bicio" a 8 anni ("Caro Gesù... portami la divisa da giocatore del Genoa"). Seguendo queste tracce scritte per non essere lette da nessuno inizia un percorso di rivelazione e rivoluzione, con tante voci che non si accavallano mai. Tra le tante, ci sono Dori Ghezzi, Francesco Baccini, il capo storico dei tifosi del Genoa Pippo Spagnolo, Gigi Riva, Gianfranco Zigoni che scopre di essere uno dei calciatori preferiti del Genoa e un Paolo Villaggio talmente doriano da non accettare che si parli di De André come di un genoano. Ma il viaggio evoca anche altre voci, da Gigi Meroni a Pier Paolo Pasolini, che con De André condivideva la stessa idea di Cristo e di calcio. L'abilità di Cagnucci è quella di dare una perfetta armonia a un intenso groviglio di emozioni e di tracciare un percorso che coinvolge al punto tale che è difficile staccarsi, perché più si va avanti e più si ha la sensazione che tutto si compia all'arrivo. Ed è quasi appagante scoprire che è veramente così nell'ultimo, struggente, capitolo di una storia che inizia parlando di calcio e finisce parlando di anime.


http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/Libri/22-05-2013/grifone-fragile-fabrizio-de-andre-storia-un-tifoso-genoa-20435161661.shtml