martedì 23 giugno 2015

Il Secolo del Grifone

 De Andrè e il Genoa: storia d'amore struggente, di un'intensa fede rossoblù. Storia d'amore raccontata in "Grifone Fragile", libro del giornalista Tonino Cagnucci, presentato oggi pomeriggio al Ferraris insieme a Pippo Spagnolo e e Roberto Scotto padri della Gradinata Nord e amici di Faber.

Cagnucci, caporedattore del Romanista, tifoso giallorosso e fan di De Andrè, svela nei particolari i dettagli della passione di De Andrè per il Grifone. Viene fuori un ritratto inedito di un De Andrè che si appuntava su un'agenda le formazioni del Genoa, i possibili acquisti per rinforzare il team rossoblù, o tabelle punti per raggiungere al più presto la salvezza. Quello che magari fanno tanti tifosi. Quello che faceva anche un tifoso speciale come Fabrizio De Andrè.

«Racconto la fede di De Andrè per il Genoa- spiega Cagnucci - il De Andrè in versione tifoso, dalla nascita fino alla morte. Si sapeva che lui era genoano, ma attraverso una lunga ricerca sono venuti fuori tantissimi aneddoti anche tramite i racconti di Dori Ghezzi. Quello che mi ha colpito di più è quello che riguarda i giorni della prigionia di De Andrè quando l'unico legame che gli permetteva di dialogare con i suoi rapitori era proprio il Genoa».

E la presentazione di oggi pomeriggio al Ferraris è stata anche l'occasione per festeggiare gli 80 anni di Pippo Spagnolo, celebrato dai tifosi della Nord con una torta a sopresa. Spagnolo, emozionato ha spento le candeline: «Genoani si nasce - le parole di Spagnolo - spesso ai miei amici rossoblù dico: "Sei già genoano, vuoi anche vincere? Non c'è bisogno, bastano emozioni come queste"».


http://www.ilsecoloxix.it/p/sport/2013/09/26/AQbORXV-grifone_fragile_rossoblu.shtml

lunedì 22 giugno 2015


De André e il calcio, due realtà che sembravano essere in antitesi fino alla pubblicazione del libro “Il Grifone fragile” di Tonino Cagnucci. E’ proprio l’autore a raccontare, in questa intervista, il percorso che l’ha portato alla scoperta della passione calcistica del più grande cantautore della musica italiana.

Qual è stato lo spunto che ti ha condotto sulle tracce del De André tifoso?
Un articolo di Repubblica del ’94, dove lessi per la prima volta che De André andava in trasferta a seguire il Genoa in serie C con il suo amico Pinelli, che era diabetico e ogni tanto si doveva fermare per fare una puntura di insulina. Quest’immagine mi è rimasta dentro. Uno così non poteva essere solo un simpatizzante, non c’entrava niente col vippaio.

Come sei arrivato ai diari? Sapevi che lì avresti trovato qualcosa sulla sua passione per il calcio?
Avevo letto qualcosa, ma sempre in modo marginale. Si sapeva fosse tifoso del Genoa, ma quanto e come era materia sconosciuta. A tutti, praticamente. Ho impiegato tre anni per scrivere il libro, raccogliendo tanti frammenti da siti e vecchi giornali. Poi nella parte finale della stesura del libro sono arrivato ai diari e lì è stato davvero come avere un tesoro tra le mani, perché c’era la conferma di tutto quello che avevo cercato per tre anni. Anche di più. E’ stato un bel momento.

Il libro contiene molte testimonianze, è stato impegnativo tirare le fila della vita parallela da tifoso?
Ho intervistato i personaggi più “in vista” magari c’è qualcuno che ne sa di più della sua genoanità e ancora non l’ho trovato. Ma sono state le parole di Dori Ghezzi quelle più importanti. E’ proprio lei che mi ha raccontato l’episodio più significativo, quando nel momento più drammatico, durante il sequestro, lui chiedeva ai sequestratori i risultati del Genoa. Nella stesura del libro mi sono progressivamente convinto che ero di fronte a un grande tifoso. C’è un pregiudizio colossale, soprattutto in Italia, sullo sport e la letteratura sportiva che spesso viene considerata non letteratura. Se anche De André, che io considero il più grande poeta dopo Dante, con un cervello e un cuore unici, ha una passione così forte per il calcio, allora si può parlare davvero solo di preconcetto.

Il libro propone un lato di De André totalmente inesplorato. L’interesse per il calcio di un personaggio della sua levatura, può innalzare il valore del mondo del pallone ad un livello più poetico?
Detta così spero di no, perché sarebbe un’operazione figlia dello stesso pregiudizio che la impedisce. Non devo avere bisogno di sapere che De André è tifoso per amare il calcio. De André amava il calcio, perché è una cosa bella, poetica, popolare. Pasolini era un filosofo del calcio, Carmelo Bene era un adoratore di Falcao. I veri geni sono tifosi, perché sono dotati di passionalità e attaccamento.

De André ha lasciato alcune riflessioni sulla sua visione del calcio. Quali sono quelle che senti più vicine alla tua sensibilità di tifoso?
Più che nei contenuti nella forma. Gli appunti su queste agende sono quelli di un tifoso bambino che scrive la formazione dei sogni, la tabellina per salvarsi, addirittura appuntava i diffidati della squadra avversaria due settimane dopo. E’ l’impressione di familiarità con quelle cose che ogni tifoso fa o ha fatto da bambino che mi coinvolge. Poi ci sono dei passaggi belli come quando difende la genoanità di Genoa. E’ un discorso che sento molto vicino visto che è un dualismo che si ripropone anche tra Roma e Lazio.

“Ho una certa reticenza nell’identificarmi con chi vince” Questa frase, che rappresenta bene anche il De André uomo, possiamo considerarla il manifesto del “vero” tifoso?
Il vero tifoso non è mai schiavo del risultato a prescindere. Per risultato intendi anche la vittoria non solo la sconfitta. Io sarei tifoso allo stesso modo anche se la Roma vincesse tutte le partite. Questa frase va letta come il manifesto del De André tifoso, ma soprattutto del cantautore, perché lui più di chiunque ha cantato i perdenti, gli sconfitti, gli ultimi. Lui si è innamorato del Genoa andando a vedere la prima partita persa contro il grande Torino, quello dei cinque scudetti, venendo da una famiglia dove il padre e il fratello erano tifosi granata. E’ tutta un’orgia di minoranza.

La letteratura sportiva può essere un mezzo di evoluzione culturale?
Certo. Il calcio è alta forma di cultura, perché la cultura non è una cosa cattedratica, ma è quello che fanno gli uomini. La cultura è sinonimo di artigianalità, soprattutto in questo periodo dove nessuno sa fare più nulla. Il costruire, il produrre, tutto ciò che non è naturale può essere considerato cultura. Il calcio ha le squadre, i colori, il tifo, l’incontro, i cori, i canti come diceva Pasolini il rito del calcio è l’erede di quello del teatro greco. Penso che, in questo periodo difficile per il mondo del pallone, l’unica speranza possibile è rappresentata dal mondo ultrà. Lo dissi quando scrissi il libro su De Rossi e passai per pazzo. Magari lo sono, però solo loro possono cambiare il mondo. In Turchia e in Egitto la rivoluzione è partita dagli ultrà sono loro che stanno guidando la rivolta.

Con questo libro hai avuto incontri e riscontri da parte di tifosi genoani?
A me è successo veramente come dice De André “da Palermo ad Aosta” o meglio da Catania ad Aosta. Nel libro c’è la testimonianza del signor Galifi che è siciliano, ma da emigrante al nord ha conosciuto De André e si è innamorato del Genoa per poi tornare in Sicilia e continuare a coltivare la sua passione per i rossoblu. Poi una tifosa genoana di Aosta mi ha contattato per complimentarsi del libro. Gli attestati di stima più belli li ho ricevuti dai genoani e di questo ne sono contento perché non è il mio mondo e sono riuscito a rispettare la loro anima.

Hai in cantiere qualche altro libro?
Ne ho due già in testa, ma per ora non voglio parlarne. Ho intenzione di godermi fino all’ultimo le emozioni che può darmi “Il grifone fragile”, perché ci tengo molto, quanto sono legato al primo libro “De Rossi: il mare di Roma”. Già all’epoca quando entrai in contatto con la casa editrice proposi De André, poi decidemmo di optare per De Rossi. “Il mare di Roma” ha avuto successo, ha venduto 7.000 copie vere ed è piaciuto molto. Poi mi hanno proposto di scrivere il libro su Totti ed io l’ho usato come pedina di scambio per avere poi l’appoggio per lavorare su De André.

Qual è la tua canzone preferita di De André?
Smisurata preghiera è molto bella, Crueza de ma pure. E’ come scegliere fra figli.


http://sportstory.it/2013/06/intervista-tonino-cagnucci-racconta-de-andre/