martedì 18 febbraio 2014

18 febbraio 1940 - Il Calcio d'inizio

Papà Giuseppe mette sul grammofono il Valzer campestre di Marinuzzi quando a casa De André nasce Fabrizio. Un gesto lieve, di una poesia vera. Di papà. È domenica, il 18 febbraio 1940, il giorno in cui Dio riposa, s’ascolta quel valzer che gli arriva da Pegli, e gli uomini giocano a pallone. Fabrizio De André nasce il giorno in cui gioca il Genoa. C’è poesia anche in questo, ma non basta. Non basta mai se sei genoano e ti ritrovi al mondo con nove scudetti vinti ai tempi di Ryu ragazzo delle caverne, sei appena nato ma sei nato prima di tutti che manco Adamo era un progetto eco-sostenibile e già per questo il tuo destino è tendere al decimo tricolore, col kantiano dovere morale di inseguire una Stella. Sei un Grifone, sai camminare e sai volare, sarai condannato a inseguirla sempre, non potrai e non vorrai farne a meno per aria, per terra, per mare. Là dove finiscono le tue dita iniziano gli artigli per afferrarla. Non possono e non vogliono farne a meno nemmeno i genoani che hanno seguito il Genoa a Novara, stadio comunale del Littorio, un campo da gioco di 100 metri per 65 in viale Alcarotti. Inverno. Il cielo è più pulito. È la ventesima giornata del campionato di calcio di serie A, stagione 1939-40. Ci sono dodicimila persone domenica 18 febbraio 1940. Il Genoa si chiama Genova 1893 per l’autarchia fascista, è guidato da un grande allenatore non autarchico perché si chiama William Garbutt, una volta giocava in Inghilterra con il Reading (la squadra di Simon Gallup, il bassista dei Cure), il Blackburn e l’Arsenal. Un giorno William Garbutt decise di venire a lavorare a Genova nel porto e lì – non si sa bene come – divenne il primo mister del nostro campionato. Se gli italiani chiamano gli allenatori «mister» è per questo motivo, per William Garbutt, il primo allenatore della vita di Fabrizio De André, uno che viene dal porto: deandreiano. È un buon inizio. Anche per il Genoa che segna poco dopo la mezzora, gol di Bertoni I, la prima rete anagrafica di Fabrizio De André. Come una specie di omaggio per la Natività. Tanti magi senza corona e senza coppa vestiti in calzoncini rossi e la maglietta blu. Nella ripresa non succede niente tranne una cosa, è il piccolo particolare che, come una distrazione, si frappone fra il primo enghé di un neonato e la Storia delle maiuscole: l’arbitro Scarpi di Dolo fa battere al Genoa il calcio d’inizio della ripresa; tutto normalissimo se non fosse che il Genoa aveva già battuto il calcio d’avvio della partita. Il capitano Scarabello se ne accorge: «Guardi che non tocca a noi, l’abbiamo già fatto nel primo tempo» fa al signor Scarpi di Dolo, che risponde: «Non è così». Invece era così. Invece – e pare proprio per Dolo – è così che inizia la storia dei condizionali, del sarebbe potuto essere e del sarebbe dovuto andare diversamente, del quando verranno a chiederti del nostro amore e dell’amore di Fabrizio De André per il Genoa rispondetegli che la sua prima partita, quella vinta 1-0, non è stata omologata. Succede questo in quella domenica delle salme (l’arbitro e i suoi assistenti). È evidente che soprattutto quel giorno Dio riposava. Perché un guardalinee denuncerà l’errore tecnico tanto che il
Giudice sportivo annullerà il risultato ordinando la ripetizione: si rigiocherà soltanto l’8 maggio, vincerà il Novara 3-1, quando ormai sarà tutto inutile. Inutile per tutto: lo scudetto. L’8 maggio (il giorno e il mese del primo scudetto del Genoa) il campionato per il Grifone sarà già andato in un’altra direzione, non si sa quanto ostinata ma sicuramente contraria. Perché quando è nato Fabrizio De André non soltanto giocava il Genoa e il Genoa vinceva una vittoria che
non valeva niente in una partita che valeva tutto, ma quel giorno, in quel lungo particolarissimo istante, il Genoa era primo in classifica a non molte giornate dalla fine: Genoa e Bologna 26 punti, Ambrosiana 25, Lazio 22, Torino e Juventus 21, Milan 20, Roma e Venezia 19, Bari, Novara e Triestina 18, Fiorentina e Liguria 16, Napoli 11, Modena 9. Con quella vittoria il Genoa si sarebbe confermato capolista proprio nella settimana che avrebbe portato allo scontro diretto di Marassi col Bologna. Odor di cielo. Ma un guardalinee senza nome, come una spia perfetta, e con la scorta, un arbitro arrivato da un Paese chiamato Dolo, ha girato le carte, truccandole: da quel momento il Genoa comincerà a perdere. La prima vittoria della vita terrena di Fabrizio De André arriverà soltanto il 17 marzo, 3-1 contro il Venezia: c’è qualcosa di più romantico? C’è qualcosa di più rivoluzionario e fragile di questo karma che alla nascita reclama che vincere non vale? Che il profitto non conta?
Che le vere storie sono quelle non omologate, quelle che scorrono, perché stanno a lato, nascoste, difficili da dire, quelle che vanno vissute allo stadio ma riviste inutilmente alla moviola e che fuggono, a volte letteralmente, sulla tangenziale? C’è qualcosa di più poetico? Sì. Da quel momento, dal giorno in cui è nato un Fabrizio De André proprio piccoletto piccoletto in via De Nicolay
12, alle ore 12, il Genoa non è più stato primo in classifica a quel punto del campionato. Così primo. Così in testa. Così campione. Così vicino alla Stella non c’è stato mai più. Mai più, nemmeno come una distrazione, come un dovere, come una fortuna. Mai, nemmeno lontanamente. Mai e basta. Cioè: mai. Il momento più simile è un 2 ottobre del 1977, quando con 6 punti il Grifone volava superbo in testa perché era soltanto la quarta giornata: talmente effimero come primato che alla fine retrocederà. Sono passati più di ventiseimila giorni e due-tre secondi (quattro-cinque-sei...), ma il Genoa non è più stato così in alto. Così solo. Così bello. Così in grado di volare come il 18 febbraio 1940. Almeno sembrava a tutti nel giorno del Signore in cui un Bambino figlio di Giuseppe veniva al mondo. Visto da qui in basso si vede meglio, visto con la sciarpa che dorme accanto a Faber adesso, si dice meglio: l’ultima volta che il Genoa ha toccato la Stella è stato il giorno in cui è nato Fabrizio De André. E forse proprio nel momento stesso, esatto, adiacente, puntuale in cui è successo. Una doppia nascita che è insieme un inizio e una fine. Un Natale e una Pasqua. Un chiasmo temporale. Benvenuto in questo primo addio, piccolo Faber. Un ossimoro, come una vittoria che non vale. Una specie di cometa pasquale per illuminare brevemente, quasi a intermittenza, quelle ore uniche e definitive: una Stella che se ne va, una Stella che viene. È bello pensare che Fabrizio De André sia arrivato dal cielo per attaccarsi a una zinna di mamma. Una Stella che si stacca contemporaneamente dal firmamento e dal petto di una maglia in quella domenica in cui c’è stato un doppio calcio d’inizio: quello della storia, dei tabellini, degli arbitri, della burocrazia, della corrente, dei regolamenti, degli avvocati felici, dei matrimoni per forza, della rosa e del tulipano; e quello dei mille papaveri rossi, della vita, del sangue, del latte, della poesia, delle ragadi, del sogno, della strada, del Genoa. Fabrizio De André sceglierà sempre la Via del Campo, lì le puttane hanno gli occhi color di foglia e con
quelli è più facile vedere cadere le stelle. Sarà il suo valzer campestre. E la sua vita sarà cometa per consegnare alla morte una goccia di splendore. Di verità. Come questa: quella partita non andava ripetuta.

Novara-Genoa 0-1 (n.o.)
18 febbraio 1940
Novara, stadio comunale del Littorio, viale Alcarotti, campo 120x65
Novara: Scansetti, Bonati, Galimberti, Rigotti, Mornese, Vale, Mascheroni,
Romano, Muci, Galli, Calzolai
Genoa: Ceresoli, Marchi, Sardelli, Genta, Villa, Perazzolo, Neri, Arcari
IV, Bertoni, Scarabello, Conti. All. Garbutt
Arbitro: Scarpi di Dolo
Marcatore: 33' pt Bertoni
Note: la partita non verrà convalidata per errore tecnico dell’arbitro che ha fatto battere due volte il calcio di inizio nei due tempi al Genoa

venerdì 7 febbraio 2014

Evaporato in una nuvola rossoblu

A Donori presentazione del libro “Il grifone fragile. Storia di un tifoso del Genoa” di Tonino Cagnucci. Poi la musica con Gerardo Ferrara, voce errante e Roberto Palmas, chitarra.

 







mercoledì 5 febbraio 2014

Buon compleanno Faber



Ritorna dal 6 al 28 febbraio «Buon compleanno Faber»: 19 serate e 50 appuntamenti in compagnia di 80 ospiti. Un itinerario nel solco di Fabrizio De Andrè a 15 anni dalla sua scomparsa, un viaggio tra parole, musica, video, riflessioni e testimonianze per ripercorrere le tappe significative della sua carriera artistica e umana.

«Un pretesto per riseminare la sua poetica, la sua visone sociale e la ricchezza delle sue considerazioni, lontani dall'ennesima masterizzazione posticcia, prendendo spunto dalla figura del cantautore genovese per coniugare arte e impegno civile attraverso i linguaggi della musica, della arti visive, della letteratura», spiegano gli organizzatori.

La rassegna itinerante fa tappa a Donori, Macomer, Tratalias, Carloforte, Monserrato, Guspini, Dolianova. L'evento è organizzato dal circolo di lettori Mieleamaro, Monserratoteca e con il patrocinio della fondazione De Andrè.


Con la direzione artistica di Gerardo Ferrara l'evento è dedicato quest'anno a Don Andrea Gallo. Tra i musicisti sono attesi Cesare Basile, premio Tenco 2013, Oliviero Malaspina poeta e ultimo collaboratore di De Andrè, Michele Ascolese, storico chitarrista dell'artista genovese. Ancora il cinema di Bruno Bigoni, Emanuele Crialese e Giovanni Columbu. Poi libri, installazioni, arazzi, murales. Un contributo viene dalle testimonianze video firmate Lella Costa, Moni Ovadia, Padre Alex Zanotelli, Teresa De Sio, Paolo Rossi, Bebo Storti e Paolo Jannacci (figlio del compianto Enzo). Il via domani alle19 a Donori nell’azienda Sa Spinarba per la presentazione del libro "Il grifone fragile. Storia di un tifoso del Genoa" di Tonino Cagnucci: incontro con l'autore, Gerardo Ferrara, voce errante e Roberto Palmas, chitarra.