Omaggio a De Andrè
Il Grifone fragile-Fabrizio De Andrè: storia di un tifoso del Genoa
Esce nelle librerie un toccante volume che racconta il grande amore del cantautore genovese per il club rossoblù. Con documenti inediti e interventi di molti personaggi vicini al cantautore genovese.
Gli amori troppo forti ti fanno sentire fragile. Forse per questo ne hai
bisogno. Gli amori non sempre durano, ma ce n'è uno che non ti
abbandona mai. Quello per la tua squadra del cuore. Quello che aveva
Fabrizio De André per il Genoa e che Tonino Cagnucci racconta ne Il Grifone fragile – Fabrizio De André, storia di un tifoso del Genoa
(Limina, 171 pagg. euro 16,90) da pochi giorni nelle librerie. Una
biografia? Non proprio. Intanto perché l'autore non potrebbe essere più
lontano da qualsiasi forma di categorizzazione sia per formazione
(laureato in Estetica, caporedattore del Romanista fin dai suoi inizi)
sia per un modo di raccontare che apre lo spazio per l'incontro di tante
voci. Poi perché le vite raccontate sono almeno due. Quella di Faber e
quella del Genoa, che diventano la stessa cosa, come nel ritratto del
cantautore genovese (“quindi genoano, perché Genova è il Genoa”) sulla
bandiera che sventola in gradinata Nord. Come se fosse il Genoa a fare
il tifo per De André.
Troppo coinvolto —
L'amore di Fabrizio De André per il Genoa era noto, ma questo libro ne
svela la vera essenza, che Faber ha sempre tenuto il più possibile nel
suo privato. Non ha mai dedicato una canzone al Genoa perché "troppo
coinvolto", non avrebbe avuto il necessario distacco. E non l'ha mai
amata come quando l'ha lasciata, momento raccontato nel capitolo
centrale (il settimo di quindici), più romantico e struggente del libro,
quando "Giugno '73" (tra le più belle canzoni di De André) diventa
soprattutto il mese e l'anno del ritorno in Genoa in A, nelle stagioni
in cui Faber si sta preparando a lasciare Genova, dopo aver chiuso anche
il primo matrimonio. E allora sì, Giugno '73: “E' stato meglio
lasciarsi che non essersi mai incontrati”. Sono andati sempre insieme,
De André e il Genoa. E tutto si rivela in questa biografia doppia, ma
non duplicata, specchio di metafore dove tutto si rivela grazie al
grande lavoro di ricerca dell'autore e la rivelazione, più che la
ricerca, di rispondenze. Corrispondenze, direbbe Baudelaire. L'inizio è
fin troppo chiaro. C'è De André che nasce nell'ultima settimana in cui
il Genoa è primo in classifica nella sua storia, a quel punto del
campionato.
Groviglio di emozioni —
E ci sono soprattutto le agende di cui Cagnucci riesce a pubblicare – ed
è la prima volta in assoluto – quelle pagine che appuntano formazioni
del Genoa, tabelle salvezze, sogni di mercato, impropreri contro la
Juventus e il Milan, il racconto di quando è diventato tifoso, i
diffidati della squadra che il Genoa avrebbe incontrato. C'è persino una
letterina a Gesù Bambino di "Bicio" a 8 anni ("Caro Gesù... portami la
divisa da giocatore del Genoa"). Seguendo queste tracce scritte per non
essere lette da nessuno inizia un percorso di rivelazione e rivoluzione,
con tante voci che non si accavallano mai. Tra le tante, ci sono Dori
Ghezzi, Francesco Baccini, il capo storico dei tifosi del Genoa Pippo
Spagnolo, Gigi Riva, Gianfranco Zigoni che scopre di essere uno dei
calciatori preferiti del Genoa e un Paolo Villaggio talmente doriano da
non accettare che si parli di De André come di un genoano. Ma il viaggio
evoca anche altre voci, da Gigi Meroni a Pier Paolo Pasolini, che con
De André condivideva la stessa idea di Cristo e di calcio. L'abilità di
Cagnucci è quella di dare una perfetta armonia a un intenso groviglio di
emozioni e di tracciare un percorso che coinvolge al punto tale che è
difficile staccarsi, perché più si va avanti e più si ha la sensazione
che tutto si compia all'arrivo. Ed è quasi appagante scoprire che è
veramente così nell'ultimo, struggente, capitolo di una storia che
inizia parlando di calcio e finisce parlando di anime.
Da gazzetta.it
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