Vi immaginate Tonino Cagnucci,
caporedattore del Romanista e una delle firme romaniste più amate, che
scrive di Ramon Turone senza citare il gol annullato? E' mai possibile?
Il miracolo sta nelle pagine de "Il Grifone fragile – Fabrizio De André storia di un tifoso del Genoa", un libro edito da Limina da pochi giorni nelle librerie italiane.
Articolo di Francesca Ceci
Il
miracolo sta dentro quelle pagine. Sono letteratura, non solo, sono
letteratura di calcio, fra calcio e musica. E' quello che più ama fare
Cagnucci convinto com'è che il calcio sia l'ultima forma di arte
possibile. Le carte le scopre subito: "Ma come De André tifoso?".
E' il gusto di rispondere a questo odioso stupore. Come se la cultura
non fosse stare con gli occhi aperti in mezzo al mondo. Come se il
calcio, un manufatto dell'umanità fatto coi piedi, non fosse arte. Come
se non fossero esistiti Meroni, Cantona, Le Tissier, Maiellaro,
Garrincha, Vendrame. (...)Il
pallone sta dalla parte della vita. De André come nessun altro è stato
da questa parte. Fa scalpore la sproporzione fra quanto scritto sul suo
cuore, alla ricerca del suo cuore, e il suo cuore semplicemente
rossoblu".
Fa
scalpore quello che Cagnucci è riuscito a raccontare di Faber genoano.
E' un libro che segue una cronologia impossibile, dalla nascita al
giorno della morte di De André e oltre. C'è la letterina di Bicio che
scrive a Gesù Bambino per Natale quando aveva nemmeno 8 anni
chiedendogli un aereo, la macchina, la nave e la divisa da giocatore del
Genoa. C'è il racconto fatto direttamente da De André della sua prima
volta a Marassi quando istintivamente scelse il Genoa che aveva appena
perso contro il grande Torino, scegliendo da quel momento di stare
sempre dalla parte degli ultimi, dei perdenti, dei senza storia di
questo mondo. Scegliendo di percorrere sempre la Via del Campo.
Ci sono i
suoi "apprezzamenti" giovanili sulla Sampdoria ("Più che ad una fusione
con la Samp sarei favorevole ad una sua eliminazione!"), c'è il
racconto forse più bello di tutto il libro degli Anni 70, degli inizi
degli Anni 70, quando il Genoa precipita in serie C e Faber lo segue per
cielo, per terra e per mare, fino al Giugno '73 quando il Grifone, mai
scosì fragile, torna in serie A. E poi via da Genova e dal Genoa, per la
Sardegna dove un giorno Fabrizio De André verrà sequestrato insieme a
Dori Ghezzi e lì c'è la testimonianza più grande della genoanità di
Faber. La racconta a Cagnucci proprio Dori Ghezzi: "Fabrizio
chiedeva ai sequestratori che ha fatto il Genoa, era una delle poche
soddisfazioni che c'erano concesse". E poi via, via dall'Hotel
Supramonte, attraverso Creuza de ma e altri luoghi ed episodi da leggere
o da vedere, perché la cosa che colpisce subito del "Grifone fragile" è
l'inserto fotografico: immagini inedite ed esclusive delle agende
segrete di De André conservate nell'università di Siena, appunti di
calcio, mille formazioni del Genoa, campagne acquisti, classifiche,
giocatori in diffida e giocatori da celebrare, un tesoro per chiunque
sia malato di calcio e di Faber, per chi sia "malato di cuore". La fine
parla della fine e stupisce ... "Fabrizio De André ha fatto
letteralmente precipitare il Paradiso in un primo piano di una puttana
che starà sempre a Via del Campo con gli occhi color di foglia perché
sono quelli che sanno guardare meglio la vita, sono quelli che ti
guardano fisso quando cadi, quelli che non si chiudono davanti alle
miserie, ai bisogni, alle disperazioni, alle speranze, ai figli mai
nati...".
E finisce proprio con un gol di Foglia prima che De André raggiunga finalmente la Stella sognata da sempre da tutti i genoani.
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