mercoledì 29 maggio 2013

In un libro la magia del tifo del giovane Fabrizio De André

Quel giorno, il Genoa si chiamava Genova 1893 perché c' erano i fascisti. Giocò allo stadio comunale del Littorio di Novara, in viale Alcarotti. Era domenica, 18 febbraio 1940. Gol di Bertoni I. Ma la vittoria dei rossoblù, allenati da William Garbutt, non fu omologata: un guardalinee denunciò che il calcio d' inizio e quello del secondo tempo erano stati battuti dalla stessa squadra. Ecco, quel giorno nasceva Fabrizio De André. Genoano. Una storia che è solo amore, passione e nobiltà: poesia pura. Perché a otto anni Faber scrisse la sua letterina a Gesù Bambino: "Per piacere, io desidero i seguenti doni, naturalmente se me li merito: i soldatini con il carro armato, la divisa da giocatore del Genoa...". E poi c' era una vecchia agenda del Credito Lombardo su cui annotava quasi maniacalmente risultati e statistiche della squadra: un 10 febbraio alla terza di ritorno i rossoblù hanno la quinta difesa ed il sesto attacco, Aguilera ha segnato sei retie Pacione quattro, Branco e Caricola sono diffidati ma pure cinque giocatori del Lecce, il prossimo avversario in calendario. Su di un foglietto piegato in due, esemplare e commovente, De André ha scritto con la biro blu: "Nell' assolata galera patria/ il secondo secondino/ disse a Baffi di Sego che era il primo/ sbattiamo fuori Curcio sul far del mattino...". È il testo originale di un capolavoro, La Domenica delle Salme. Sull' altro lato, Faber ha usato la biro nera: "12 Berti, 13 Ferroni, 14 Collovati, 15 Fortunato, 16 Corrado, 17 Fiorin...", sì, è la panchina del Genoa. Il Grifone Fragile è il titolo di un libro sorprendente e quasi malinconico per tanta ingenua bellezza, scritto da Tonino Cagnucci. Che racconta quello che idealmente considera il suo "migliore amico" - Faber, appunto - e lo fa attraverso la grande passione del poeta genovese. Fabrizio che si fece cremare con la sciarpa rossoblù legata al collo. Fabrizio che quando era sequestrato in Sardegna, la prima cosa che chiedeva ai suoi carcerieri era il risultato del Genoa. «Il Genoa è stato il suo pudore - dice Cagnucci -. In tutta la sua produzione non l' ha mai nominato. Il Genoa è stato il suo amore. E quando verranno a chiedertelo un amore così lungo tu non darglielo in fretta... Non l' hanno ancora fatto. Il vero De André apocrifo è questo». Il libro contiene un esclusivo inserto fotografico, recuperato attraverso il Centro Studi dell' Università di Siena: con le immagini di quei fogli, della storia e della passione del cantautore. Con una formazione ideale: Braglia-Signorini- Torrente, Collovati, Puxeddu (testuale, n . d . r . ) - Ruotolo, Alemao - Eranio, Matteoli-Aguilera, De Zotti. Con una tabellasalvezza ("Ci si salva a 27"). E un suggestivo mistero, tra un serie di appuntamenti di lavoro: "Chiedere di Totti". Un giovanissimo Totti in rossoblù, chissà. Estratti dai diari, riflessioni. "L' unica preoccupazione che mi dà Scoglio è di non averlo mai visto ridere". "Io sono genoano da prima di nascere". Poi, la confessione: "Il Genoa non è mai entrato nelle mie canzoni perché per fare canzoni bisogna conservare un certo distacco verso quello che scrivi, invece il Genoa mi coinvolge troppo". Fragile Faber, come il suo Grifone.

Articolo di Massimo Calandri per La Repubblica



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